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L'ANTRO della SIBILLA venne rinvenuto da Amedeo Maiuri nel 1932 e identificato come il luogo dove la Sibilla Cumana esercitava la sua attività di sacerdotessa di Apollo, anche se non esiste nessuna prova certa che sia realmente il luogo dove venivano effettuate le divinazioni, nonostante che diverse opere descrivono un luogo simile a questo. Per alcuni archeologi potrebbe trattarsi di una semplice opera difensiva (cosa che appare alquanto improbabile, N.d.R.). La galleria è lunga circa centotrenta metri, è scavata interamente nel tufo ed ha una forma trapezoidale. Sul fondo dell'antro si apre un ambiente con copertura a volta e tre nicchie, di cui quella sulla destra di dimensioni maggiori, somigliante quasi ad un cubicolo, probabilmente chiusa da un cancello, come dimostrato dai fori degli stipiti, ritrovati sulle pareti. |
L'antro, crollato nella parte iniziale, intermente scavato nel tufo, ha un andamernto perfettamente rettilineo di 131 metri, è alto 5 e largo 2 e mezzo. Lungo la parete ovest i romani realizzarono nove aperture con la stessa forma dell'antro. Sulla parete est si apre una stanza che dà accesso a sua volta a tre ambienti, con pavimento ribassato, utilizzati come cisterne e poi come luogo di sepoltura, così come tutto il resto della struttura: lungo lo stesso lato è una piccola stanza, con un sedile in pietra (anche se a causa del soffitto ribassato è impossibile sedersi e la sua funzione rimane quindi sconosciuta). |
L'antro termina con una
sala con volta piatta,
nella quale si aprono tre nicchie:
quella sul lato est serve per illuminare l'ambiente, quella sul
lato sud è a fondo cieco e quella sul lato ovest ha le
dimensioni di un cubicolo,
con forma tripartita e preceduta da un vestibolo probabilmente
protetto da un cancello di
cui si notano ancora i fori degli stipiti e
secondo la tradizione sarebbe proprio questa la stanza dove
risiedeva la Sibilla (ma forse risiedeva nella Cripta Romana).
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La SIBILLA Cumana era la somma sacerdotessa italica che presiedeva l'oracolo di Apollo (divinità solare ellenica) e di Ecate (antica dea lunare pre-ellenica) svolgendo la sua attività oracolare in una caverna conosciuta come "Antro della Sibilla" (o forse nella Cripta Romana) dove la sacerdotessa, ispirata dalla divinità, trascriveva in esametri i suoi vaticini su foglie di palma le quali, alla fine della predizione, erano mischiate dai venti provenienti dalle cento aperture dell'antro, rendendo i vaticini "sibillini". La sua importanza, nel mondo italico, era pari a quella dell'oracolo di Apollo di Delfi. Tali Sibille erano giovani vergini, che si pensava potessero vivere più a lungo dei comuni mortali (per questo a volte sono raffigurate come vecchie decrepite), che svolgevano attività mantica, entrando in uno stato di trance. Secondo la leggenda Apollo si innamora della Sibilla offrendole qualsiasi cosa purché diventasse la sua sacerdotessa e lei gli chiese l'immortalità, ma si dimentica di chiedere anche la giovinezza. Per questo invecchiò sempre più finché il corpo divenne piccolo e consumato come quello di una cicala e fu messa in una gabbietta nel tempio di Apollo, finché il corpo non scomparve e rimase solo la voce. Apollo allora le diede una possibilità di riavere la giovinezza se lei fosse diventata completamente sua, ma la Sibilla, per non rinunciare alla sua castità, rifiutò. |
I CALENDARI LUNARI PREISTORICI di Cuma, tra i più antichi al mondo, scoperti nel 1972 da Franco Ruggeri, antichi di 6.000 anni, sono composti da diversi segni verticali suddivisi in due coppie di valori visibili sulla parete occidentale esterna del dròmos dell'Antro della Sibilla. L’importante testimonianza aercheoastronomica flegrea trova riscontri analoghi in gruppi di segni simili presenti sin dalla preistoria in altre parti del mondo. |
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L'area archeologica di CUMA La zona di Cuma era abitata già dell'età del bronzo da popolazioni indigene, poi intorno al 730 a.C. i coloni greci Megastene ed Ippocle, provenienti da Calcide, distrussero il piccolo villaggio e fondarono la nuova città. In pochi anni si espanse fino alla costa e conseguì il controllo del golfo di Napoli creando le sub colonie di Baia, Pozzuoli, Napoli, Miseno e Capri. L'espansione di Cuma la mise in conflitto con gli Etruschi contro i quali combatté e vinse una prima battaglia a Cuma nel 524 a.C. e uno scontro navale nel mare antistante nel 474 a.C. |
In seguito la città visse una profonda crisi che portò alla sua conquista da parte dei Sanniti nel 421 a.C., poi nel 338 a.C. fu poi occupata dai Romani, che le riconobbero lo stato di municipium per il sussidio dato durante le guerre puniche. |
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Nonostante l'apertura, nel 95, della via Domiziana tra Pozzuoli e Roma, continuò il lento declino di Cuma, che nel V secolo si ridusse ad un piccolo abitato sull'acropoli. Quindi la città fu soggetta a Ostrogoti, Bizantini, Longobardi e Saraceni, che nel 915 la distrussero in larga parte, rendendola un covo di pirati. La storia di Cuma si arrestò nel 1207 quando venne distrutta dalle armate napoletane. Nell'acropoli i resti del tempio di Apollo (nel VI secolo fu basilica cristiana), del tempio di Giove (anch'esso trasformato in basilica cristiana), del tempio di Artemide/Diana e quello di Era/Demetra; sulla spiaggia antistante la città i resti del tempio di Iside, distrutto dai cristiani nel II secolo. Nella parte bassa di Cuma si trova lo stuperfacente ANTRO DELLA SIBILLA. L'Arco Felice è situato nel taglio del Monte Grillo, sulla via Domiziana (antica strada costruita nel 95 a.c. come deviazione della via Appia per collegare Pozzuoli). È la porta che permette l'accesso alla città di Cuma, con anche funzioni difensive e di contenimento degli smottamenti. Secondo la leggenda, se gli innamorati che l'attraversavano si fossero baciati sotto di lui sarebbero stati "felici" per tutta la vita. |
Il Lago di AVERNO (avernus, senza uccelli) è un lago formatosi in un cratere vulcanico spento nato 4.000 anni fa. Secondo i Greci e i Romani era l'accesso agli Inferi, regno del dio Plutone. Virgilio, nel VI Libro dell'Eneide, colloca vicino a tale lago l'ingresso agli Inferi ed Enea, udita la profezia della Sibilla e da essa accompagnato, lo attraversa per incontrare l'ombra del padre Anchise che gli indicherà i futuri grandi di Roma. |
Nel 37 a.C. Menenio Agrippa, con una ardita e gigantesca opera ingegneristica, ne fa una base navale per Ottaviano, collegando con un canale artificiale il lago al mare. I Romani scavarono anche la Grotta di Cocceio, un cunicolo realizzato per scopi militari che collegava la sponda occidentale del lago Averno a Cuma (oggi non più accessibile a causa di danneggiamenti strutturali subiti durante la seconda guerra mondiale). |